RESET 2021 - 25: Berlino VS Länder, Laschet VS Söder
I prossimi giorni saranno decisivi non solo per sapere chi sarà il candidato Cancelliere dell'Union, ma anche per capire che piega prenderà lo scontro fra il governo centrale e quelli regionali
Se c’è una tratto comune che ha caratterizzato tutti questi mesi di pandemia in Germania è sicuramente la tensione costante fra Angela Merkel e i Ministerpräsidenten, o quantomeno alcuni di loro. Da sempre fautrice di una linea dura su restrizioni e chiusure, la Cancelliera si è spesso scontrata contro le resistenze dei governatori regionali. Non che questi non avessero le loro ragioni: la mappa dei contagi da diversi mesi mostra una situazione più sotto controllo in alcune aree, ad esempio nei Länder settentrionali che sono anche quelli più dipendenti dal turismo, ed è quindi comprensibile la spinta di alcuni governi locali per il ritorno ad una certa normalità. In queste zone la 7-Tage-Inzidenz (il numero settimanale di nuove infezioni ogni 100.000 abitanti) è spesso decisamente inferiore rispetto alla media nazionale.
La tensione fra Kanzlerin e Ministerpräsidenten non nasce solo da un diverso approccio al lockdown. Riguarda soprattutto una serie di competenze che i Länder custodiscono gelosamente, e che rendono difficile mettere a punto una strategia uniforme coordinata dal governo centrale. Molti dei compiti più rilevanti, dalla gestione sanitaria all’esecuzione delle ordinanze, ricadono infatti nell’ambito d’azione delle amministrazioni regionali, che tradizionalmente non hanno alcun interesse a farseli scippare. Da un lato la faccenda è comprensibile: per ovvi motivi storici, che hanno a che fare sia con il nazismo che con l’ex Germania Est, un potere centrale molto forte desta sospetto e preoccupazione. Dall’altro lato, però, questo assetto istituzionale rende molto complicata la gestione delle emergenze. Su Kater avevo raccontato del tentativo fallito di riformare la protezione civile tedesca in senso più centralizzato: il nuovo Bundesamt für Bevölkerungsschutz und Katastrophenhilfe (Ufficio federale per la protezione della popolazione e l’aiuto in caso di catastrofe, BBK), che nei primi anni Duemila sostituì il Bundesamt für Zivilschutz, nacque infatti con il difetto costitutivo di un mancato ancoramento costituzionale. L’assetto ideato per il BKK avrebbe dovuto spostare delle prerogative dal piano regionale a quello centrale, ma la riforma costituzionale necessaria per garantire questo passaggio non venne fatta: in caso di catastrofe o emergenza l’Ufficio federale può intervenire ma solo su richiesta dei Länder. Non può prendere l’iniziativa, deve attendere che siano i governi locali ad attivarsi per primi e a richiedere la sua coordinazione.
L’emergenza pandemica ha riportato la questione al centro del dibattito, e ai primi di gennaio il Ministro degli Interni Horst Seehofer si era detto intenzionato a rivedere l’assegnazione delle prerogative fra BKK e Länder. C’è sempre lo scoglio dell’appiglio costituzionale mancante: questa volta però è scesa in campo anche la Cancelliera, con una tattica ben precisa.
Se non è possibile sottrarre delle competenze ai Länder senza modificare il testo costituzionale, si può aggirare l’ostacolo intervenendo sulla Infektionsschutzgesetz, la legge per la protezione dalle infezioni che regola la gestione delle pandemie. L’attuale formulazione prevede che spetti ai Länder implementare le misure cautelative e le restrizioni, lasciando poco spazio all’intervento diretto del governo centrale. Una modifica fatta a novembre scorso non ha cambiato di molto le cose, ma ora Merkel, sostenuta da numerosi parlamentari dell’Union, intende proporre un emendamento molto più sostanzioso. È previsto infatti che il governo centrale possa far scattare un Notbremse, un “freno d’emergenza”, in caso il numero di contagi raggiunga livelli critici, scavalcando le intenzioni delle amministrazioni locali. La soglia critica per far scattare il freno d’emergenza è una 7-Tage-Inzidenz superiore a 100 per tre giorni consecutivi, e le misure prevedono un inasprimento delle restrizioni, limitazioni nei contatti e la chiusura dei negozi, con alcune eccezioni. È possibile anche l’introduzione di un coprifuoco notturno.
Una mossa di questo tipo è naturalmente molto controversa. Le opposizioni, in particolare FDP e AfD, hanno duramente criticato le modifiche all’Infektionsschutzgesetz, e anche nella maggioranza ci sono pareri discordanti su alcuni dettagli. Ma il punto centrale è l’attribuzione delle competenze, e del potere per esercitarle concretamente. Un paio di settimane fa lo Spiegel sosteneva che, in questo frangente, Merkel sta testando i limiti del suo potere: questo è certamente vero, ma in un senso leggermente diverso da quello che può sembrare a prima vista. Non è Merkel che sta testando i limiti del suo potere in quanto Angela Merkel, Cancelliera della CDU alla fine del mandato: è la Cancelliera in quanto rappresentante dello stato centrale a testare i limiti del potere federale rispetto a quello dei Länder. Lo scontro non è Merkel VS Ministerpräsidenten, è governo federale VS governi regionali.
Alcuni hanno parlato di un tentativo di esautorare i Länder, ma la maggior parte dei tedeschi sembra d’accordo con la Cancelliera: la gente vuole che il governo centrale abbia poteri più ampi nel contrasto alla pandemia, in modo da poter implementare misure uniformi e coordinate su tutto il territorio nazionale.
È questa la battaglia di aprile per Angela Merkel. Riuscire a far approvare al Bundestag una misura che darebbe al governo centrale un grimaldello per scardinare i limiti imposti dal dettato costituzionale, e superare così gli ostacoli posti dai governi regionali.
Ma l’agenda politica di questa settimana è stata dominata da un’altra battaglia. Quella fra Armin Laschet e Markus Söder per la candidatura alla Cancelleria dell’Union, finalmente venuta allo scoperto.
Tutto è cominciato domenica, quando Markus Söder è ufficialmente sceso in campo, dichiarandosi pronto a candidarsi se avesse avuto il sostegno di entrambi i partiti, CDU e CSU. La risposta di Armin Laschet non si è fatta attendere: lunedì mattina un incontro dei vertici della CDU ha confermato il sostegno al suo Vorsitzender per la candidatura, senza però prendere una decisione ufficiale. Nel pomeriggio i vertici della CSU si sono schierati dietro a Söder, anche in questo caso senza ufficialità, e in più il Ministerpräsident bavarese ha proposto una votazione fra gli iscritti. La situazione non si è risolta con l’incontro del drappello parlamentare dell’Union, anzi si è complicata ancora di più. La linea dei vertici è tutto sommato semplice, ed è chiaramente quella di sostenere il proprio leader. Per i parlamentari invece le cose si fanno più sfumate, entrano in gioco altri fattori - ad esempio la paura di non essere rieletti se si punta su un candidato debole ottenendo così un brutto risultato nelle urne. E da quel punto di vista tutti i segnali indicano un chiaro favorito in Markus Söder, il capo della CSU. Oltre al suo partito, dietro di lui si sono schierati anche la CDU di Berlino e numerosi parlamentari, e i sondaggi gli danno un vantaggio stratosferico rispetto al rivale - e anche rispetto ai potenziali candidati degli altri partiti.
Edoardo D’Alfonso Masarié ha riassunto bene la faccenda su Kater. Laschet ha dalla sua il fatto che, essendo il capo del partito di maggioranza dell’Union, ha un diritto di precedenza contro cui la CSU è sostanzialmente indifesa. Ma Söder può buttare sul tavolo tutti i sondaggi che lo danno come strafavorito: può insomma presentarsi come la risposta alla domanda più importante di tutte - cosa ci serve per vincere a settembre? Più precisamente: chi?
Probabilmente avremo una risposta ufficiale fra pochi giorni: restare troppo a lungo in questa posizione di stallo non fa che danneggiare lo schieramento conservatore, già messo piuttosto male nei sondaggi. A trarne vantaggio sembrano essere soprattutto i Grünen, come suggerisce la copertina della Zeit di venerdì 16.
Dal canto loro anche i Verdi non hanno ancora deciso chi sarà il loro candidato (o candidata) alla Cancelleria, ma la decisione è prevista per lunedì 19. E un altro partito non ha ancora scelto con chi presentarsi alle elezioni di settembre: AfD. La settimana scorsa i nazionalisti di destra si sono riuniti (altro che restrizioni!) a Dresda, dove hanno approvato il programma per la campagna elettorale. Programma abbastanza ragguardevole, diciamo: tra le altre cose, torna il grande classico dell’uscita dall’euro e dalla UE. Lanciato anche lo slogan in vista del voto: Deutschland. Aber normal. “La Germania, ma normale”. Qualunque cosa voglia dire.
A Dresda era anche prevista la scelta del duo con cui presentarsi alle elezioni di settembre. Ma la maggioranza dei 570 delegati ha votato contro: si deciderà più in là, con un sondaggio fra gli iscritti al partito. Già prima del congresso Alice Weidel, che era stata candidata nel 2017, aveva dichiarato che stavolta non sarebbe stata disponibile.
Chi sceglieranno gli iscritti? Chissà. Un delegato però è stato molto attivo durante il congresso: Björn Höcke, il leader turingiano dell’ala più radicale - che se seguite questa newsletter o Kater conoscete bene. E se lo conoscete bene, non preoccupatevi: quel brivido lungo la schiena che sentite è perfettamente normale.
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Un numero lunghissimo, stavolta. Ma se ancora non vi basta, ecco qualche altro suggerimento di lettura.
La pandemia sta colpendo molto duramente anche la Bundesliga: giusto pochi giorni fa è stata confermata la quarantena per tutta la squadra dell’Herta Berlino, dopo che è risultato positivo l’allenatore. Ne parla Deutsche Welle.
Su Politico un bel ritratto di Markus Söder, “principe di Baviera”, a cura di Matthew Karnitschnig.
Infine, su Eunews Uski Audino spiega la politica estera dei Verdi, un tema di fondamentale importanza visto che con ogni probabilità il partito farà parte della coalizione di governo che uscirà dalle urne a settembre.
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