RESET 2021 - Numero 6: In fondo a destra
Alternative für Deutschland: da terza forza del Bundestag a chissà
Il giorno dopo le elezioni del 2017, commentando lo strabiliante risultato ottenuto da Alternative für Deutschland (AfD), alcuni osservatori ipotizzavano che il partito populista di estrema destra avrebbe percorso il tragitto tipico dei movimenti di questo tipo: grande ebbrezza dovuta al successo elettorale, e poi incapacità di gestire il capitale politico ottenuto. Faide interne, lotte intestine e radicalizzazioni, e una progressiva ma inevitabile discesa nei sondaggi e nell'apprezzamento popolare.
Tre anni dopo questa previsione risulta confermata solo in parte.
Con il voto del 2017, AfD entrò nel Bundestag in modo trionfale. Con il 12,6% delle preferenze risultò il terzo partito dietro Union e SPD, un successo oltre ogni aspettativa. E quando Union e SPD si accordarono per governare in una nuova Grosse Koalition, come terzo partito del Parlamento Federale si ritrovò a guidare l’opposizione, un ruolo che garantisce alcuni incarichi di grande importanza come ad esempio la presidenza della Commissione Parlamentare al Bilancio (Haushaltsausschuss).
Fin dai primi momenti di quella fase trionfale si consumava però una scissione interna. Frauke Petry, leader del partito dal 2015 e appena eletta al Bundestag, decise subito di non entrare nel drappello parlamentare di AfD, restando fra gli indipendenti, e pochi giorni dopo confermò l’uscita. Petry aveva assunto la guida degli alternativi facendo leva sulle fazioni più radicali, più legate ai movimenti identitari di destra, ed era riuscita a giungere al comando buttando fuori gran parte dei fondatori, economisti anti-Euro che però avevano poco interesse a flirtare con quella galassia vicina all’estremismo. Ironicamente, una dinamica simile spinse fuori anche lei: la sua intenzione era quella di spostare il partito su posizioni più moderate, rendendolo più presentabile e un potenziale alleato per coalizioni di centro-destra. Ma venne sconfitta ripetutamente dall’ala più radicale, proprio quella con il cui aiuto aveva conquistato la leadership. E fra i gruppi radicali interni al partito quello più influente - e famigerato - è sicuramente la Flügel, “l’ala”, guidata da un personaggio estremamente controverso come Björn Höcke.
La Flügel è diventata negli anni sempre più potente all’interno del partito, evidenziando proprio quelle dinamiche di lotta interna che secondo gli analisti avrebbero dovuto portare AfD alla rovina. Strizzando continuamente l’occhio ai movimenti più estremisti, Höcke e i suoi sono riusciti a conquistarsi spazi sempre più ampi, anche grazie ad alcuni colpi ben studiati come il pasticcio successo in Turingia a febbraio scorso - ne avevamo parlato nel numero della newsletter dedicato alla Linke, ma potete recuperare qui e qui. Così facendo hanno però anche estremizzato le polarizzazioni nel partito, spingendo molti moderati a farsi da parte e scatenando furiose rincorse a chi è più “patriota fra i patrioti”. Tanto che ora al vertice ci sono due leader come Alexander Gauland e Tino Chrupalla, che non fanno parte della corrente più radicale ma hanno con essa un rapporto cordialissimo. È stata proprio la Flügel, ad esempio, a rendere possibile l’elezione di Chrupalla all’ultimo congresso, poco meno di un anno fa.
Al crescere dell’influenza della Flügel all’interno del partito è corrisposto un aumento dell’inquietudine al di fuori. A marzo di quest’anno l’Ufficio Federale per la Protezione della Costituzione (Bundesamt für Verfassungschutz, BvF) ha classificato la corrente come “incompatibile con la costituzione” proprio per i suoi legami con l’estremismo di destra. Come conseguenza, la dirigenza di AfD ha deciso di chiederne lo scioglimento: dunque la Flügel ufficialmente non esiste più, ma la sua influenza è più viva che mai. Höcke è ancora uno degli attori principali e uno dei volti più noti del partito, anche se l’altro leader della corrente, Andreas Kalbitz, è stato espulso per aver nascosto legami con gruppi neonazisti in passato.
Le lotte intestine ci sono state e si sono radicalizzate, come previsto nel 2017. Che però abbiano causato un calo di popolarità è tutto da dimostrare.
Dopo alcuni picchi nei sondaggi durante il 2019, con alcune rilevazioni che arrivavano al 15%, negli ultimi mesi AfD sembra assestarsi stabilmente intorno al 10%, un risultato di poco inferiore rispetto a quello ottenuto nel 2017. Solo la grande ascesa dei Grünen rende un nuovo terzo posto nel 2021 un obiettivo quasi impossibile da raggiungere, ma manca ancora un anno e può succedere davvero di tutto. Anche perché AfD ha trovato un altro spazio in cui infiltrarsi con grande efficacia: quello delle proteste contro le restrizioni legate al Coronavirus.
Ormai sempre più numerose e partecipate, le manifestazioni anti-restrizioni si stanno rivelando uno strumento formidabile per veicolare l’estremismo di destra in ogni sua forma, da quelle complottistiche più assurde a quelle più tradizionalmente razziste e xenofobe. Un ecosistema ideale per AfD, che ha gioco facile a mettersi dalla parte dei “cittadini in ansia” e a presentarsi come interprete delle istanze più autentiche di un popolo tedesco la cui libertà è “sotto attacco”.
Un esempio lo si è avuto proprio in questi giorni. Mercoledì 18 novembre il Bundestag ha approvato d’urgenza alcune modifiche alla Infektionsschutzgesetz, una legge entrata in vigore nel 2001 con lo scopo di consentire ai governi di agire tempestivamente per contenere le pandemie. Il testo originariamente approvato parlava di misure straordinarie da mettere in campo, senza però esplicitare quali: le modifiche approvate mercoledì avevano lo scopo di riempire questa lacuna. Sono state quindi elencate le limitazioni che il governo è legittimato a introdurre in caso di crisi sanitaria: ad esempio l’obbligo di mascherina e di distanziamento sociale o la chiusura di negozi e ristoranti.
La misura ha scatenato furiose proteste davanti al Parlamento Federale, e addirittura alcuni manifestanti sono riusciti a entrare nella sala dell’assemblea e a insultare gli esponenti del governo. Come hanno fatto? Grazie a dei badge per visitatori gentilmente offerti da AfD, a quanto pare. Una vicenda gravissima che ha innescato un’indagine parlamentare, ma che rivela chiaramente la strategia del partito e il modo in cui intende sfruttare la crisi della pandemia per rinnovare il proprio arsenale polemico contro Merkel e il governo in carica.
C’è però un’altra faccenda che sta tenendo occupata la dirigenza degli alternativi in questi giorni: un giro di donazioni illecite che coinvolge molto da vicino Alice Weidel, leader del gruppo parlamentare di AfD ed ex-candidata alla Cancelleria nel 2017.
La storia non è nuova: già a fine 2018 erano emersi dei fondi non tracciati giunti ad AfD da parte di una casa farmaceutica svizzera, tramite canali riconducibili a Weidel. Altre donazioni illecite risalirebbero al 2016, e coinvolgerebbero l’ex leader Frauke Petry. Giovedì scorso lo Spiegel ha riportato che per queste due violazioni AfD dovrebbe pagare una multa di oltre 500.000 euro. Venerdì poi è venuta fuori un’altra grana: una seconda multa, stavolta per “soli” 72.000 euro, per aver nascosto delle donazioni nel 2017 e nel 2018.
Insomma, con la contabilità AfD sembra proprio non avere molta dimestichezza.
Sarà un motivo sufficiente perché i tedeschi decidano di non votarla più? Improbabile. Ma un anno è lungo, e può succedere ancora di tutto. Addirittura i liberali della FDP potrebbero riuscire a invertire la rotta e tornare a crescere nei sondaggi: ma di questo parliamo la prossima volta.
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Prima di salutarci, come al solito, qualche consiglio di lettura.
Pur militando ai vertici di un partito molto “tradizionalista” come AfD, Alice Weidel è lesbica dichiarata, e vive insieme alla compagna e due figli: qui trovate il ritratto che le aveva dedicato Francesca Vargiu su Kater.
Björn Höcke viene dall’Ovest, ma ha trovato la sua casa politica a Est, in Turingia, dove è popolarissimo e dove AfD ha ottenuto un ottimo risultato nelle elezioni locali dell’ottobre 2019. Qui trovate due suoi ritratti molto ben fatti, uno pubblicato da Deutsche Welle e uno uscito sul New York Times.
Sul tema dell’estremismo di destra, poi, sempre Deutsche Welle ha pubblicato una panoramica temporale sugli episodi di terrorismo in Germania ad esso riconducibili; e per inquadrare il fenomeno potere anche dare un’occhiata a questo mio pezzo, uscito qualche anno fa su Medium.
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