Il 2017 è stato un Superwahljahr, un super-anno elettorale.
Oltre alle elezioni politiche, quell’anno ci furono anche tre importanti voti locali. Si iniziò a marzo, con le Landtagswahl nel piccolo Saarland; a maggio poi si votò in Schleswig-Holstein e in Renania Settentrionale-Vestfalia. Vinse sempre la CDU, almeno due volte a sorpresa. Il voto più importante fu sicuramente quello in Renania Settentrionale: si tratta del Land più popoloso e più “pesante” di tutto il Paese, quello da cui spesso partono dinamiche politiche che hanno conseguenze per l’intera Germania.
Ma tutte e tre quelle elezioni furono significative, per varie ragioni. In Saarland fu riconfermata la Ministerpräsidentin Annegret Kramp-Karrenbauer, un successo che la portò fra le figure di primissimo piano della CDU e rappresentò il primo passo della sua infelice scalata al vertice - giunta al termine lo scorso febbraio.
La CDU vinse anche in Schleswig-Holstein, e formò un’alleanza di governo con Grünen e FDP: proprio quel modello di Jamaika-Koalition su cui si puntò dopo le elezioni politiche, e che naufragò quando i liberali si sfilarono.
Il risultato più inatteso e più rilevante fu però quello in Renania Settentrionale. Tradizionale feudo della SPD, fu strappata ai socialdemocratici da Armin Laschet, attuale candidato alla guida della CDU.
Le elezioni locali rispondono naturalmente a logiche diverse rispetto a quelle nazionali. Questo è particolarmente vero in Germania, dove il sistema elettorale comporta che molto spesso nei Länder siano alleati al governo partiti che a livello nazionale sono invece avversari. Tuttavia il voto locale può essere un utile strumento per rilevare in che situazione si trova un partito, come viene percepito dagli elettori, che fase sta attraversando. Ad esempio, la sconfitta in Renania Settentrionale nel 2017 certificò che l’entusiasmo intorno a Martin Schulz, candidato Cancelliere della SPD, era rapidamente svanito: un fatto pienamente confermato alle elezioni politiche di settembre.
Se il 2017 è stato Super, il 2021 sarà Super-Super. Il calendario elettorale dell’anno prossimo è fittissimo:
14 marzo: Landtagswahl in Renania-Palatinato e in Baden-Württemberg, ed elezioni comunali in Assia;
25 aprile: Landtagswahl in Turingia, elezioni straordinarie previste dall’accordo di governo siglato dopo il pasticcio dello scorso febbraio;
6 giugno: Landtagswahl in Sassonia-Anhalt;
12 settembre: elezioni comunali in Bassa Sassonia;
in autunno: Landtagswahl in Meclemburgo-Pomerania Anteriore - la data sicura ancora non c’è, anche se si ipotizza il 26 settembre;
in autunno: elezioni statali del Land di Berlino - anche in questo caso la data non è stata ancora fissata, ma di nuovo è probabile sarà il 26 settembre;
26 settembre: le elezioni politiche, le Bundestagswahl.
Come detto, le elezioni locali rispondono a logiche diverse rispetto a quelle nazionali. Tuttavia da tutti questi appuntamenti emergeranno indicazioni fondamentali per capire meglio cosa succederà a fine settembre, soprattutto per quanto riguarda alcuni partiti.
La posta in gioco è particolarmente alta per la SPD. I socialdemocratici sono al governo in Renania, in Meclemburgo e a Berlino: dai risultati di tutte queste elezioni si capirà molto in vista delle Bundestagswahl. Come abbiamo visto qualche puntata fa, la SPD non sta attraversando un momento di grande forma: i sondaggi non sono entusiasmanti, sia a livello nazionale che a livello locale. Il rischio di una disfatta come quella del 2017 è concreto.
Sorvegliati speciali anche i Grünen. Il 14 marzo si vota in Baden-Württemberg, l’unico Land governato da un Ministerpräsident verde, Winfried Kretschmann, grazie allo straordinario 30,3% conseguito alle elezioni del 2016. Nonostante l’onda verde che da fine 2018 attraversa tutto il Paese, ripetersi sarà difficilissimo, e gli ultimi sondaggi danno la CDU in vantaggio di un paio di punti. In più i Verdi hanno subito un brutto colpo a Stoccarda, la capitale del Land.
Otto anni fa realizzarono un capolavoro, eleggendo il primo sindaco nella storia del partito, Fritz Kuhn; stavolta tutto quello che poteva andar male l’ha fatto. A gennaio Kuhn dichiarò a sorpresa che non si sarebbe ripresentato, e partì una difficile caccia al candidato. Vennero fatti anche nomi di primo piano, come l’ex leader nazionale Cem Özdemir, ma alla fine fu selezionata la semisconosciuta Veronika Kienzle. Una scelta poco convincente, a cui è seguita una campagna elettorale molto fiacca. Al primo turno, a inizio novembre, Kienzle ha preso il 17%: abbastanza per assicurarsi il secondo posto, ma a distanza siderale dal 32% del candidato CDU Frank Nopper. Un risultato deludente che ha innescato polemiche e accuse, tanto che Kienzle ha deciso di ritirarsi e non partecipare al ballottaggio - vinto come previsto da Nopper.
Anche la CDU si trova in una situazione complicata in un Land orientale, che andrà al voto nel giugno prossimo: la Sassonia-Anhalt. I conservatori governano insieme a SPD e Grünen, una cosiddetta Kenia-Koalition (dai colori dei partiti) guidata dal Ministerpräsident Reiner Haseloff.
Haseloff governa con una maggioranza risicatissima: nel Landtag può contare su 46 seggi su 86 totali. Alle elezioni del 2016 la CDU prese quasi il 30%, ma SPD e Grünen non brillarono: i socialdemocratici si fermarono appena sopra il 10%, i Verdi superarono di un soffio la soglia di sbarramento del 5%.
Stavolta le cose potrebbero andare meglio. Gli ultimi sondaggi danno la CDU e la SPD più o meno sugli stessi livelli del 2016, ma attribuiscono ai Verdi una crescita di ben 5 punti. Si potrebbe dunque proseguire con la Kenia-Koalition.
Però c’è un problema, dalle conseguenze potenzialmente esplosive. In questi giorni si discute nel Landtag dell’aumento del canone televisivo, previsto per l’anno prossimo. Haseloff, inizialmente contrario, adesso è favorevole, ma il suo partito no. La CDU locale continua a opporsi, e sembra pronta a fare l’impensabile: collaborare con AfD, da sempre contraria, per bloccare l’iniziativa. Una mossa che metterebbe in crisi i rapporti con i partner di governo, naturalmente, e renderebbe la campagna elettorale molto più complicata. Un nuovo pericoloso precedente di apertura all’estrema destra dopo il pasticcio in Turingia del febbraio scorso, le cui ricadute potrebbero arrivare di nuovo fino a Berlino. E a ulteriore conferma della serietà della faccenda: venerdì pomeriggio Haseloff ha congedato il suo Ministro dell’Interno, Holger Stahlknecht (anche lui della CDU), proprio per la spaccatura sulla questione del canone.
L’unica fortuna, per Haseloff, è che dal canto suo AfD ha in questo momento altro a cui pensare. Lo scorso fine settimana si è tenuto il congresso del partito, in modalità più o meno normali - con mascherine obbligatorie e distanziamento sociale ma in presenza. Nella location scelta, la cittadina di Kalkar nel Nordreno-Vestfalia, sono arrivati circa 600 delegati, accolti da alcune proteste.
Nelle intenzioni il congresso doveva essere dedicato soprattutto all’approvazione di una proposta di riforma del sistema pensionistico, approvazione che poi è arrivata. Ma a tenere banco è stato l’intervento di Jörg Meuthen, uno dei due leader del partito.
Meuthen ha lanciato un attacco durissimo alla fazione più radicale, quella più vicina all’estremismo di destra. Il partito è arrivato a un bivio: non ci si può più aspettare che cresca automaticamente nei sondaggi. È necessario scegliere con sicurezza da che parte andare. E la direzione, secondo lui, è quella di abbandonare la prossimità con gli estremisti, i cospirazionisti, i complottisti anti-Covid che nei mesi scorsi hanno manifestato un po’ ovunque in Germania, spesso sfilando insieme a dirigenti di AfD. “Sono comportamenti da asilo, che ci danneggiano”, ha detto Meuthen davanti ai delegati, e ha rincarato la dose attaccando chi parla di Corona-Diktatur: “non viviamo in una dittatura, altrimenti non potremmo neanche svolgerlo questo congresso”. Una chiara frecciata rivolta ad Alexander Gauland, capogruppo del partito al Bundestag, che ha usato questa formula e si è spesso fatto vedere ai cortei contro le restrizioni. Per Meuthen bisogna recidere i legami con l’estremismo, all’origine delle ordinanze con cui l’Ufficio Federale della Protezione della Costituzione (BvF) ha messo il partito sotto osservazione. Si tratta di una questione fondamentale, una “Systemfrage”: “AfD dev’essere un partito civile (bürgerlich), con una ragionevolezza civile e un aspetto serio e rispettabile”.
L’intervento ha generato reazioni molto forti. Numerose le critiche a Meuthen, non solo sul punto da lui sollevato ma anche sul modo: Tino Chrupalla, l’altro leader, ha ricordato che “i panni sporchi si lavano in famiglia”. Ma in realtà si tratta solo della ripetizione di una storia già vista da quelle parti.
Breve ripasso: gli originali fondatori di AfD, politici ed economisti anti-euro, vengono fatti fuori nel 2015 da Frauke Petry, che si impadronisce del partito facendo leva sui gruppi più radicali e legati all’estremismo identitario di destra. Passano un paio d’anni, e Petry viene a sua volta estromessa. Anche lei aveva cercato di spostare AfD su un corso più moderato, per renderla un potenziale partner di governo. Ma esattamente come i fondatori, anche lei è stata sconfitta dall’ala radicale, ormai sempre più potente ed influente.
Meuthen è la riedizione di quello che aveva cercato di fare Petry: prendersi il partito con l’aiuto degli estremisti e poi sbarazzarsene spostandosi su posizioni più moderate. A Petry è andata malissimo, che vada bene a lui è tutto da vedere. I precedenti non sono incoraggianti.
La tensione comunque è rimasta molto alta, tanto che Gauland la domenica si è sentito male ed è stato ricoverato in ospedale. Ma lo scontro per la direzione da prendere continua, e sarà di nuovo il tema principale dei prossimi mesi di AfD. Anche perché alcuni sondaggi di questi giorni danno gli alternativi al 7%, il peggior risultato dal luglio del 2017. Tocca fare qualcosa: ma bisogna capire cosa.
Intanto la pandemia continua. Il governo e i Ministerpräsidenten dei Länder hanno deciso di prolungare il lockdown light fino al 10 gennaio: l’ondata delle nuove infezioni è stata fermata ma non scende velocemente come si sperava. E mercoledì il Robert-Koch-Institut ha registrato il numero di vittime in un giorno più elevato dall’inizio della pandemia: 487.
Ma questa settimana i tedeschi sono stati colpiti in modo particolare da altre vittime: quelle investite da un’auto nel centro di Treviri. Un tedesco di 51 anni, pare sotto l’effetto di alcol e con problemi psichici, si è lanciato a 80 all’ora in un’area pedonale vicino alla Porta Nigra, uccidendo 5 persone e ferendone molte altre. Si sa ancora poco delle motivazioni del gesto. La polizia ha però reso noto che nell’auto dell’uomo sono state trovate delle munizioni, ma nessun’arma.
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Giusto due cose da leggere prima di salutarci.
Un bel profilo di Friedrich Merz su Politico, dal titolo piuttosto esplicativo: Meet the German Donald Trump.
Un lungo reportage sull’edizione internazionale dello Spiegel, su come la pandemia stia cambiando - in peggio - la vita di bambini e adolescenti.
Infine, un tema un po’ più leggero: l’impatto emotivo della rovinosa sconfitta della nazionale tedesca di calcio, battuta 6-0 dalla Spagna il 17 novembre scorso. Da Deutsche Welle.
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