RESET 2021 - Numero 7: Il Narciso liberale
Ascesa e caduta di Christian Lindner, leader del partito liberale FDP
Quando fra qualche anno i manuali di teoria politica tedeschi dovranno affrontare il tema "come dilapidare un capitale politico in poche semplici mosse", è probabile che ad aprire il capitolo ci sarà la foto di Christian Lindner, il leader del partito liberale FDP (Freie Demokratische Partei).
Prima delle ultime elezioni Lindner era considerato il “salvatore” della FDP, un partito uscito a pezzi dall’esperienza dell’alleanza con Angela Merkel fra il 2009 e il 2013.
Quel governo, il secondo guidato dalla Cancelliera, era stato salutato con grandi aspettative da parte dei liberali. Il leader Guido Westerwelle era riuscito a portare il partito a uno spettacolare 14%, e come viceCancelliere e Ministro degli Esteri sembrava avviato a diventare uno dei pilastri dello scenario politico tedesco degli anni a venire.
Invece si trattava dell’inizio della fine. Fra dichiarazioni molto dure su chi prende il sussidio Hartz IV e una cattiva reputazione negli ambienti diplomatici americani, Westerwelle divenne molto in fretta uno dei politici più impopolari della storia repubblicana, e trascinò il partito con sé. La FDP iniziò a subire batoste elettorali un po’ ovunque, scendendo sotto la soglia del 5% e scomparendo man mano da tutti i Landtag (i Parlamenti regionali): le tensioni interne divennero così forti che nel maggio 2011 Westerwelle fu costretto a lasciare la guida del partito. A succedergli fu Philipp Rösler, giovane Ministro della Salute (che traslocò all’Economia), a cui toccava un solo compito: limitare i danni e invertire il trend.
Rösler non ci riuscì. Alle elezioni del 2013 la FDP si fermò al 4,8%, e rimase fuori dal Bundestag. Una catastrofe.
È a questo punto che entra in scena Lindner, che assume la guida del partito nel dicembre 2013. L’obiettivo è riportare la FDP nel Parlamento Federale, e nel settembre 2017 la missione è finalmente compiuta. I liberali superano il 10% e tornano a Berlino. Lindner è certamente l’artefice principale di questo successo. Riesce a diventare il volto del partito, riducendo le tensioni interne al minimo, e acquista una certa popolarità anche all’esterno, grazie a uno stile moderno e un’immagine che i tedeschi percepiscono come meno ingessata rispetto a quella del politico tradizionale.
Dopo le elezioni del 2017 tutti sono convinti che per governare si andrà in Jamaika - cioè che l’unica coalizione di governo possibile sia un accordo fra l’Union (il cui colore è il nero), la FDP (gialla) e i Verdi: un’alleanza i cui colori ricordano appunto quelli della bandiera dello stato caraibico. Le trattative durano moltissimo: riunioni-fiume e negoziazioni estenuanti che terminano il 19 novembre 2017, quando c’è il colpo di scena. La FDP si sfila: non ci sono le basi per andare avanti con fiducia, dice Lindner, e a questo punto meglio tirarsi indietro. Es ist besser, nicht zu regieren, als falsch zu regieren: meglio non governare che governare male - una frase passata alla storia della politica tedesca recente.
Molti osservatori vedono la mossa di Lindner come un tentativo di andare allo scontro diretto con Merkel: in quei giorni i retroscenisti riportano la voce secondo cui i liberali sarebbero disposti a tornare al tavolo delle trattative se la Cancelliera accettasse di farsi da parte. La strategia sembra quella di portare il partito più a destra, magari provando anche a rubare voti alla CDU. Ad esempio attirare chi non ha apprezzato il modo in cui Merkel ha gestito la crisi dei migranti e stavolta ha votato AfD. Secondo alcuni si tratta di una scelta astuta: Politico, ad esempio, a fine anno mette Lindner al primo posto fra chi sta “plasmando, scuotendo e rimescolando l’Europa”.
La coraggiosa decisione di aver lasciato le trattative, secondo Politico, mostra che Lindner ha ben appreso la lezione di quanto successo durante il secondo governo Merkel, quando i liberali finirono col fare la figura della stampella della Cancelliera - rinunciando alle proprie proposte pur di non perdere le poltrone conquistate.
Il punto è che la gran parte dei tedeschi non la pensa così. Nei sondaggi immediatamente successivi al naufragio davanti alla Jamaika Lindner è identificato quasi unanimemente come “il colpevole”, e persino i sostenitori del suo partito iniziano ad avere qualche dubbio. Gli unici che apprezzano la sua scelta sono gli elettori di AfD.
La decisione di Lindner viene criticata duramente da tutti - e genera una quantità incredibile di ottimi meme. Facendo naufragare l’ipotesi di un governo nero-giallo-verde, il leader dei liberali rende inevitabile la prosecuzione della Grosse Koalition fra Union e SPD: un altro bel regalo per AfD, che si ritrova a guidare l’opposizione. Nella FDP torna qualche mal di pancia, e i sondaggi iniziano a mostrare qualche calo.
Passano un paio d’anni e arriva un nuovo, gigantesco casino: il pasticcio in Turingia. Lo so, ne abbiamo già parlato altre due volte, nella newsletter dedicata alla Linke e nel numero scorso su AfD, ma anche questo fa capire quanto si sia trattato di un evento epocale per la politica tedesca. Di che partito è Thomas Kemmerich, che si fa eleggere Ministerpräsident del Land con i voti di AfD? Esatto, proprio della FDP.
Lindner si precipita in Turingia per limitare i danni e convincere Kemmerich a dimettersi, ma il danno ormai è fatto - e genera una nuova ondata di meme che riprendono quella famosa frase del 2017.
Il colpo all’immagine del partito, e di Lindner, è fortissimo. E dobbiamo tenere presente che Lindner è uno che all’immagine ci tiene tantissimo.
Uno dei tratti che gli vengono più comunemente associati è un narcisismo smisurato, un egocentrismo senza confini. Una debolezza spesso presa di mira dalle trasmissioni satiriche: ad esempio extra3 qualche anno fa lo prese in giro prendendo spunto dalla pubblicità di un famoso sito per incontri, Parship, che nel suo claim sostiene di far sbocciare un amore ogni 11 minuti.
Anche grazie a questa cura maniacale, Lindner è riuscito a costruirsi un’immagine di leader politico di successo, e soprattutto di leader incontrastato nel partito. Ma tutti i colpi ricevuti negli ultimi anni hanno fatto aumentare il malcontento, e reso un’ipotesi plausibile ciò che sembrava impossibile: la FDP di nuovo fuori dal Bundestag. Gli ultimi sondaggi danno i liberali fra il 5% e il 7%, un margine tutt’altro che tranquillizzante rispetto alla soglia minima per entrare nel Parlamento Federale.
In più, Lindner continua ad essere al centro di critiche e accuse, ad esempio di sessismo. Uno degli ultimi casi riguarda il suo discorso per il commiato dell’ex-Generalsekretärin del partito, Linda Teuteberg, a fine settembre. “Penso con piacere, Linda, al fatto che negli ultimi 15 mesi abbiamo iniziato insieme la giornata circa 300 volte”, ha cominciato Lindner.
Pausa scenica e sorrisino rivolto al pubblico: “Non è quello che pensate!”. Lindner intendeva dire che la prima cosa che facevano entrambi era sentirsi al telefono, per pianificare la giornata politica, ma il sottotesto - e soprattutto il compiacimento con cui Lindner l’ha sottolineato - non è sfuggito a nessuno. Tanto che la rivista femminista Emma gli ha conferito il poco prestigioso riconoscimento di Sexist Man Alive.
La situazione di Lindner in vista delle elezioni dell’anno prossimo non è facile. Il malcontento fra i liberali cresce sempre più, anche a causa di figuracce come quella appena descritta, e il suo grande talento oratorio potrebbe non bastargli per mantenere il controllo del partito. Una buona occasione per metterlo in mostra, il tradizionale Dreikönigstreffen (“incontro dell’Epifania”) che si tiene ogni gennaio, quest’anno potrebbe non svolgersi a causa del Coronavirus.
Se la FDP lotta per la sua sopravvivenza, Lindner lotta per la sua carriera politica, come sottolinea questo editoriale del Tagesspiegel. Due destini intrecciati in un anno complicato come il 2021, in cui non ci saranno solo le elezioni politiche ma anche numerose e importanti elezioni locali. Intanto per le Bundestagswahl abbiamo finalmente una data: il 26 settembre.
Ma ne parliamo meglio la prossima volta.
Ah, giusto un aggiornamento su AfD. Come sapete, molti partiti tedeschi in questi tempi di pandemia hanno deciso di rimandare i propri congressi, o di tenerli in forma virtuale. Non gli alternativi: il loro congresso si terrà come previsto questo fine settimana, in modalità il più possibile normali - con mascherine e distanziamento, certo, ma in presenza. Nella location scelta, il parco giochi della città di Kalkar, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, si attendono circa 600 delegati. Secondo le regole in vigore il numero massimo di partecipanti a un incontro di questo tipo sarebbe di 250, ma le autorità locali hanno ritenuto che in questo caso si applicasse il principio dell’interesse pubblico superiore, e hanno quindi dato il via libera.
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Come sempre, un paio di consigli di lettura prima di salutarci.
Guido Westerwelle è morto di leucemia nel 2016, a 54 anni. Oltre a essere stato il leader della FDP, è stato anche il primo politico dichiaratamente omosessuale a essere nominato Ministro degli Esteri e viceCancelliere. Potete leggere due bei ritratti che gli ha dedicato Deutsche Welle quando morì qui e qui.
Un vecchio pezzo di Politico ripercorre un’altra brutta figura di Christian Lindner: quella volta c’entravano un giovane arabo e una panetteria.
Non riguarda la FDP, ma se vi va potete trovare un mio pezzo sui Verdi e sul loro congresso online dello scorso fine settimana sul Foglio di oggi; sempre lì trovate anche un bel pezzo di Micol Flammini sul congresso di AfD.
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