RESET 2021 - Numero 51: Ricambi al vertice
Il nuovo Bundestag si è riunito per la prima volta, eleggendo una nuova Presidente. E si prospettano novità anche ai vertici di diversi partiti, non solo della CDU
Questa settimana ha segnato ufficialmente l’inizio della nuova legislatura.
Martedì 26 si è tenuta la prima seduta del nuovo Bundestag, con l’ingresso nella Plenarsaal dei 736 nuovi deputati. Non proprio tutti, in realtà. Come per la maggior parte delle attività al chiuso in Germania, anche l’accesso all’aula del Parlamento Federale è basato sulla cosiddetta 3G-Regel, la “regola 3G” che autorizza a entrare solo i vaccinati (Geimpfte), i guariti (Genesene), i negativi al test (Getestete). Un’imposizione inaccettabile per 23 deputati di AfD, che per questo motivo si sono dovuti accomodare in una tribuna apposita, denominata dagli addetti Seuchentribune (“tribuna dell’epidemia”).
A nuovo Bundestag nuovo Bundestagspräsident, o meglio una nuova Bundestagspräsidentin: come previsto con 576 voti a favore è stata eletta alla guida dell’assemblea la socialdemocratica Bärbel Bas, terza donna a ricoprire l’incarico dal 1949. Un’elezione che segna il momento finale di una carriera politica straordinaria, quella di Wolfgang Schäuble, Presidente uscente. In Parlamento dal 1972, uomo di punta della CDU e potentissimo ministro in numerosi governi tedeschi, ora Schäuble deve accontentarsi di essere “solo” un normale deputato. Come sottolinea la Süddeutsche Zeitung, la fine di un’era.
Intanto sono anche iniziate le trattative fra SPD, Grünen e FDP, in un clima di cordialità e ottimismo ma anche di grande riservatezza. “Chi parla è fuori” è la regola generale, ma molti delegati SPD confermano un’atmosfera decisamente diversa rispetto al 2018, quando si trattava con l’Union per una nuova Grosse Koalition. Allora si sapeva che “dall’altra parte del tavolo sedeva il nemico”, stavolta invece molti dei componenti si conoscono da lungo tempo e si danno del tu. Per qualche giorno Olaf Scholz non potrà partecipare ai lavori, però: Angela Merkel vuole infatti portarselo dietro al G20 di Roma. Un gesto da un lato abbastanza normale: si tratta pur sempre del viceCancelliere e Ministro delle Finanze, uno dei collaboratori più stretti della Cancelliera. Dall’altro lato però è impossibile non sottolinearne il valore simbolico. Scholz parteciperà anche ai colloqui bilaterali riservati con Joe Biden, Emmanuel Macron e Boris Johnson: un modo per Merkel di “presentarlo” e favorire la successione che sa di vera e propria investitura.
Come dicevamo la volta scorsa, uno dei punti più complessi da sbrogliare durante le trattative sarà quello dei ruoli da assegnare, in particolare per il successore di Scholz alle Finanze. Al dibattito in merito si è aggiunta anche la voce del premio Nobel Joseph Stiglitz, che in un contributo pubblicato dalla Zeit (anche in inglese) prende una posizione molto netta. Dare le Finanze a Christian Lindner sarebbe secondo lui un grave errore, con conseguenze potenzialmente molto gravi non solo per la Germania ma anche per l’Europa e per le relazioni con gli Stati Uniti. Le posizioni economiche e finanziarie della FDP e del suo leader Lindner, tradizionalmente piuttosto rigide, sono per Stiglitz nient’altro che “cliché conservatori” legati agli anni Novanta, superati ovunque dalle numerose crisi che da allora si sono succedute. Affidare un dicastero cruciale come quello delle Finanze a Lindner vorrebbe dire fare un passo nella direzione sbagliata: a suo giudizio è chiaro che “investimenti pubblici di ampia portata sono fondamentali, e che ripristinare il trattato fiscale di Maastricht, ratificato nel 1992, non è la soluzione.” Avrebbe molto più senso dare il Ministero ai Verdi, vista la sua centralità anche nelle questioni legate alla lotta al cambiamento climatico.
Sempre secondo Stiglitz Lindner potrebbe invece essere un’ottima scelta per la digitalizzazione e l’innovazione. Si tratta di temi da sempre molto rilevanti per i liberali e per il loro elettorato, e il capo della FDP potrebbe essere davvero l’interprete giusto per modernizzare le infrastrutture fisiche e tecnologiche tedesche. Lindner però ha rimandato al mittente le critiche, e non è stato il solo, come ha ricostruito Pierluigi Mennitti su Start Magazine.
Il cambio della guardia alla Cancelleria e alla guida del Bundestag è solo l’inizio: si annunciano cambiamenti significativi anche nei partiti. Ad esempio tra i Grünen: circola con insistenza la voce che, ora che con ogni probabilità entreranno nel governo, Annalena Baerbock e Robert Habeck lasceranno la guida del partito. Lo stesso Habeck ha dichiarato durante un’intervista che restare Vorsitzende quando si diventa ministri “non è compatibile con la nostra cultura di partito” - come stabilito anche nella Satzung (lo statuto) dei Verdi. In passato c’è stata una sola eccezione, che ha coinvolto proprio Habeck, che dopo essere stato eletto co-leader insieme a Baerbock è potuto restare per otto mesi Ministro dell’Ambiente in Schleswig-Holstein, incarico da cui poi si dimise. Ulteriori eccezioni sembrano estremamente improbabili. Sarà davvero interessante vedere chi succederà ai due leader attuali, visto che è essenzialmente a loro che si può attribuire la grande crescita vissuta dai Grünen in questi anni. Baerbock e Habeck sono riusciti a trasformare un partito dilaniato e litigioso in un insieme coeso e compatto, credibile sul piano nazionale e attraente per tutto l’elettorato: un’eredità difficile da raccogliere, e molto facile da dilapidare.
Si annunciano novità anche in casa SPD. Uno dei due leader, Norbert Walter-Borjans, ha infatti annunciato che non intende ricandidarsi al Parteitag previsto per l’11 dicembre. Per lui non si trattava di assumere la leadership come trampolino di lancio, ma di “rimettere il partito in carreggiata”: ora che alla Cancelleria sta per rientrare un socialdemocratico la missione è compiuta, ed “è il momento che i giovani prendano il sopravvento”. È lecito chiedersi se ad assumere la guida della SPD sarà Olaf Scholz, Cancelliere in pectore uscito però sconfitto dalle primarie di due anni fa. Il sistema tedesco ha mostrato di non tollerare granché la separazione fra guida del governo e guida del partito, ma va anche detto che a Scholz almeno per adesso la Presidenza della SPD non serve: dopo la rimonta elettorale che ha portato a termine il partito è praticamente in mano sua, che gli venga ufficialmente riconosciuto o no.
Diverso è il caso della CDU, ancora alle prese con una lunga traversata nel deserto di cui non si intravede la fine. L’unica certezza è che Armin Laschet ormai è il passato: proprio questa settimana è stata ufficializzata la sua rinuncia alla guida della CDU in Nordreno-Vestfalia e alla guida del governo del Land. A subentrargli in entrambi i ruoli Hendrik Wüst, Ministro dei Trasporti nel gabinetto guidato da Laschet.
Un altro passo della traversata inizia oggi. A Berlino è convocata un’assemblea dei presidenti di circolo del partito, 326 in tutto, per iniziare il processo che condurrà al prossimo Vorsitzende della CDU. Da più parti è emerso il desiderio di una maggiore partecipazione della base e degli iscritti, ma la situazione è ancora in alto mare e nessuno ha davvero idea di come procedere.
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Prima dei saluti, come sempre un paio di dritte su cose da leggere in attesa del prossimo numero di RESET 2021.
Politico fa il punto sulle posizioni dei partiti a proposito del prossimo capo della Bundesbank, ora che Jens Weidmann ha annunciato le sue dimissioni. C’è chi si augura il mantenimento di una politica monetaria stabile (come Lindner) e chi invece spera in una visione più ampia (come Habeck), e sicuramente il tema sarà discusso durante le trattative per la formazione del governo.
I consumatori tedeschi si trovano a fare i conti con due brutte notizie: l’esplosione del costo dell’energia e un prolungato aumento dell’inflazione, che a ottobre è arrivata al 4,5% - dato più alto degli ultimi 28 anni. I due aspetti sono collegati, come scrive Deutsche Welle.
Mentre in Germania i numeri dei contagi iniziano rapidamente a risalire, la questione dei vaccini torna in primo piano nel dibattito pubblico. Secondo molti report ormai è chiaro che chi non si è vaccinato finora non ha alcuna intenzione di farlo, quindi bisogna fare i conti con le quote attuali, ma a occupare il centro della scena è Joshua Kimmich, calciatore del Bayern Monaco. Kimmich non si è ancora vaccinato perché, pur non definendosi un no-vax, ha delle perplessità sugli effetti a lungo termine, su cui ritiene non ci siano ancora abbastanza dati e studi disponibili. Una posizione che molti, vista la popolarità del calciatore, ritengono dia un pessimo esempio. BBC News racconta tutta la faccenda.
Infine, se capite il tedesco davvero non potete perdervi la lunghissima intervista di commiato concessa da Angela Merkel alla Süddeutsche Zeitung. Fra l’ammissione di non perdere il sonno alla prospettiva di un Cancelliere socialdemocratico al significato a volte politico dei suoi leggendari blazer, quasi ad ogni riga si trova una perla. Due sono particolarmente significative. Una ha a che fare con la crisi dei rifugiati del 2015, ed è la ritrosia di Merkel a usare il termine Flüchtlingskrise, appunto “crisi dei rifugiati”: perché “un rifugiato per me non era una crisi, ma innanzitutto una persona”. L’altra riguarda invece la sconfitta della CDU alle elezioni di settembre. Alla domanda se una delle cause sia stata l’incapacità di preparare il partito alla sua uscita di scena, Merkel risponde con una frase che racchiude forse l’elemento più caratteristico del suo agire politico, e che rappresenta davvero il cuore del merkelismo: “ognuno lavora nel proprio tempo”. Il presente, l’immediato come unico punto di riferimento davvero centrale e imprescindibile.
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