Che la domenica di Armin Laschet non sarebbe andata bene è stato chiaro fin da subito.
Il candidato conservatore è andato a votare in mattinata nella sua città natale, Aachen (in italiano Aquisgrana). Come di consueto, al seggio c’erano numerosi giornalisti, ansiosi di riprendere il momento in cui il capo della CDU avrebbe inserito la sua scheda nell’urna.
Solo che c’è stato un problema. Laschet ha sbagliato a piegare la scheda: invece della parte bianca, all’esterno è rimasta quella con le liste e i partiti, rendendo perfettamente visibili le crocette apposte a penna.
Teoricamente la scheda avrebbe dovuto essere annullata, ma il Wahlleiter, l’autorità competente, ha confermato che il voto è comunque valido. Queste cose non dovrebbero succedere, hanno spiegato con un comunicato, ma non c’è stata un’influenza illecita su altri elettori: è comunque prevedibile che il candidato di un partito voti per sé stesso e per il suo partito, quindi sebbene l’incidente ci sia stato le conseguenze sono sostanzialmente nulle.
Non è stato l’unico incidente della giornata. Nel pomeriggio Hubert Aiwanger, capo dei Freie Wähler - il piccolo partito che governa in Baviera come partner di minoranza della CSU - ha postato un tweet con la prognosi di voto di un istituto demoscopico, in violazione del regolamento secondo cui questo tipo di comunicazione va diffuso solo a urne chiuse. Il tweet è stato cancellato in fretta, ma ha suscitato molte polemiche. Aiwanger prima si è scusato, ma in seguito ha difeso il suo tweet, sostenendo che non contenesse degli exit-poll e quindi non violasse le norme. Anche in questo caso il Wahlleiter indaga.
E poi come non citare il caso di Berlino. Nella capitale si votava per tre consultazioni: le elezioni politiche, le elezioni locali e il referendum sugli espropri delle case. Ma domenica a Berlino si correva anche la maratona, e le strade chiuse per consentire il regolare svolgimento della corsa hanno reso molto difficile la vita di molti elettori, costretti a complicati giri per raggiungere il proprio seggio. Quelli che ce l’hanno fatta hanno però dovuto affrontare code lunghissime per poter votare, con tempi di attesa superiori alla mezz’ora, tanto che in molti sono tornati a casa pensando di riprovarci più tardi. Quelli che invece hanno deciso di aspettare stoicamente il proprio turno si sono trovati di fronte a un’altra difficoltà: in molti seggi ci sono stati problemi con le schede, esaurite prima del previsto, e alcuni elettori sono stati rimandati a casa. Un caos che ha portato alle dimissioni della Wahlleiterin locale, Petra Michaelis, e alla richiesta da più parti di ripetere il voto - cosa però tutt’altro che facile.
Per quanto riguarda i risultati vi rimando a quanto ne abbiamo scritto su Kater, qui e qui. Giusto per capirci: a vincere sono stati senza dubbio la SPD e la FDP, a perdere senza dubbio Union e Linke. Per quanto riguarda Grünen e AfD le cose sono più complesse - ma come detto vi rimando ai due articoli per capire meglio tutto quanto.
Che la SPD abbia vinto non vuol dire però che Olaf Scholz sarà sicuramente il prossimo Cancelliere. È quello che ha più probabilità di diventarlo, perché al momento la coalizione che sembra più probabile è il semaforo, cioè SPD insieme a Verdi e FDP. Ma non c’è ancora nessuna certezza. Le consultazioni sono cominciate, inizialmente in forma ristretta fra Verdi e FDP come suggerito già domenica sera da Christian Lindner, ma ci torniamo su dopo. Per ora concentriamoci ancora un po’ sul significato e sulle conseguenze del voto di domenica, soprattutto all’interno dei vari schieramenti.
In questo momento sono due i partiti più interessanti da seguire: i Grünen e l’Union.
I Verdi hanno guadagnato un sacco di voti, quasi raddoppiando il risultato del 2017, ma è innegabile che viste le aspettative ci sia una certa delusione. Qualche mese fa si sognava di sforare il 20%, e dalle urne è invece uscito un dato molto vicino al valore più basso nella forbice dei sondaggi pre-elettorali. Certo non è una sconfitta, ma il morale fra gli ecologisti potrebbe essere migliore. La sera del voto una delle domande che aleggiava con maggiore insistenza era “sarebbe andata meglio con Robert Habeck candidato?”; e se ti devi chiedere se sarebbe andata meglio, vuol dire che alla fine non è andata poi benissimo.
Sono iniziate a circolare voci su un coinvolgimento maggiore di Habeck nel prossimo governo rispetto a Baerbock, con il ruolo di Vizekanzler pronto per lui a prescindere dalla tipo di coalizione - voci per ora non smentite dall’interessato. Non tutti però sono d’accordo con questa ipotesi: durante la riunione del nuovo gruppo parlamentare, martedì scorso, molti deputati hanno preso le difese di Baerbock e non hanno nascosto la propria irritazione per il piano sul vicecancellierato.
“Quando corri tutta la maratona, ma a salire sul podio è l’altro.”
La grande forza dei Grünen in questi anni è stata proprio la compattezza dietro una leadership molto affiatata, vista come perfettamente complementare. Questa situazione sembra fatta proprio apposta per mettere alla prova l’armonia dello Spitzenduo.
L’altro partito da tenere d’occhio è l’Union. Fra i conservatori la situazione è di grande confusione, come naturale dopo una batosta di proporzioni storiche. E iniziano a volare gli stracci, pur in maniera molto discreta come si conviene al partito di Angela Merkel.
Da un parte c’è Armin Laschet. Il capo della CDU sa di dover lottare per la propria sopravvivenza, ed è per questo motivo che ha aspettato il più a lungo possibile per congratularsi con Olaf Scholz e continua a sostenere la fattibilità della Jamaika, cioè una coalizione di governo con Union, FDP e Grünen. La sua unica salvezza è riuscire in qualche rocambolesco modo a finire alla Cancelleria, altrimenti sa che il suo tempo è scaduto.
Dall’altra parte, però, ci sono praticamente tutti gli altri. A partire da Markus Söder: il leader della CSU ha fin da subito ridimensionato le dichiarazioni post-voto di Laschet, dicendo che con questi numeri l’Union può al massimo rendersi disponibile, ma non certo rivendicare alcuna pretesa sulla formazione del governo. A suo giudizio le maggiori possibilità di diventare Cancelliere al momento le ha Scholz (bella scoperta), e si è anche affrettato a sottolineare che comunque l’Union non è disposta a qualunque concessione per un governo Jamaika - parole che mettono ulteriore pressione su Laschet, il cui margine di manovra si riduce ogni minuto che passa. E non vanno sottovalutate le dichiarazioni di Albert Füracker, Ministro bavarese delle Finanze e collaboratore strettissimo di Söder, che addossa tutta la responsabilità della sconfitta sulla CDU e sul suo capo.
Ma Söder non è solo nella sua caccia a Laschet. Sono ormai sempre più numerosi gli esponenti anche di primo piano all’interno della CDU che suggeriscono, pur sottovoce, un cambio della guardia al vertice. “Non si può andare avanti così”, ha detto ad esempio Norbert Röttgen, avversario Laschet al congresso di gennaio.
Anche per questa ragione è stata molto importante la riunione del gruppo parlamentare dell’Union di martedì pomeriggio. L’incontro era aperto ai parlamentari uscenti e a quelli appena eletti, e serviva essenzialmente a eleggere il capogruppo - per cui però avevano diritto di voto solo gli appena eletti. E il ruolo di capogruppo, in uno scenario come questo, è di fondamentale importanza: perché se come tutto lascia intendere l’Union finirà all’opposizione, il capogruppo al Bundestag sarà la guida dell’opposizione parlamentare, un ruolo di grande forza nell’organigramma del partito. Non a caso di solito si tratta del leader.
Si vociferava di diverse candidature in ballo: Röttgen, il Ministro della Salute Jens Spahn, addirittura Friedrich Merz. Alla fine però Laschet è riuscito a strappare un compromesso: far rielegge il capogruppo uscente, Ralph Brinkhaus, ma con un mandato ridotto, di soli sei mesi - fino ad aprile. Laschet per ora è riuscito a guadagnare un po’ di tempo, ma che riesca a salvarsi è tutto da vedere.
Intanto le Sondierungen, i colloqui esplorativi, vanno avanti, e si prepara il calendario dei prossimi incontri. Grünen e liberali si sono visti già martedì sera, suggellando la cosa con un selfie postato su Instagram con la stessa didascalia da tutti e quattro i partecipanti: Baerbock, Habeck, Lindner e Volker Wissing, Generalsekretär della FDP.
“Alla ricerca di un nuovo governo sondiamo comunanze e ponti oltre ciò che ci divide. E ne troviamo perfino alcuni. Tempi emozionanti.”
La foto è stata subito rilanciata anche dalla Bild, che ha subito ribattezzato la scena una Zitrus-Koalition, una “coalizione agrume” dai colori verde e giallo dei due partiti. Va tenuto a mente però che i partecipanti non sono solo i leader, ma anche i principali negoziatori che hanno portato a due governi locali: Habeck per la Jamaika in Schleswig-Holstein, Wissing per il semaforo in Renania-Palatinato.
E poi ovviamente la foto è diventata un instant meme, generando migliaia di stupende variazioni sul tema. La mia preferita è questa cosa meravigliosa - mi raccomando, alzate il volume.
FDP e Grünen si sono di nuovo incontrati venerdì. Nella conferenza stampa successiva Baerbock, Habeck e Lindner hanno confermato le buone aspettative: si è partiti con il piede giusto, certo saranno necessari altri passaggi ma l’atmosfera è positiva. Domenica i liberali vedranno la SPD e poi l’Union, mentre i Verdi parleranno con i socialdemocratici la sera, rimandando a martedì prossimo il colloquio con i conservatori.
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Invece dei soliti consigli di lettura, stavolta ho pensato di darvi qualche dato interessante in più sul nuovo Bundestag, che come avrete letto è il più grande di sempre con ben 735 deputati.
È leggermente aumentata la presenza femminile nel Parlamento federale tedesco, salita con queste elezioni al 34,7% rispetto al 31% della scorsa legislatura. Due i partiti con più deputate che deputati: Grünen e Linke. Per la SPD il dato è del 41%, mentre FDP e Union si attestano rispettivamente al 23,9% e al 23,5%. Fanalino di coda AfD, con solo il 13,3% di deputate.
Aumenta anche il numero di deputati con background migratorio: a questo giro sono 83, che corrispondono all’11,3% del totale, circa 3 punti in più rispetto al Bundestag uscente. A guidare la classifica ancora una volta la Linke, con il 28,2%, seguita dalla SPD con 17%. Si riduce leggermente il contingente fra i Verdi, passando dal 14,9% al 13,6%, così come per AfD, che dall’8,7% passa al 7,2%. La FDP si ferma al 5,4%, mentre in coda c’è l’Union con il 4,6%.
Ecco invece come si è distribuito il voto fra est (Ost) e ovest (West) del Paese, nel grafico elaborato da Statista:
Il Bundestag si è anche un po’ ringiovanito: sono stati eletti più giovani, portando l’età media a 47,5. Solo 6 deputati hanno meno di 25 anni, e provengono tutti da due partiti: Grünen e SPD.
Ai Verdi si deve anche un altro primato. Per la prima volta, nel Bundestag siederanno due deputate transgender: Tessa Ganserer e Nyke Slawik, elette nelle liste dei Grünen rispettivamente in Baviera e in Nordreno-Vestfalia.
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