RESET 2021 - Numero 36: Tutto ciò che può andare male lo farà
Ai Grünen sta andando tutto storto, ma non è solo colpa loro
A metà giugno Politico definiva le ultime settimane vissute dai Grünen e dalla loro candidata Annalena Baerbock un “crash course sulla legge di Murphy”, e non si può che essere d’accordo. I Verdi tedeschi stanno vivendo un momento davvero difficile, e sembra proprio che tutto quello che può andare male abbia già iniziato a farlo, senza alcuna intenzione di fermarsi. Prima il risultato non esaltante in Sassonia-Anhalt, poi l’inversione di tendenza nei sondaggi con l’Union di nuovo davanti, poi ancora le polemiche sul cv poco accurato di Baerbock, infine il suo stizzito Scheisse! dopo il discorso al Parteitag digitale che ha ufficializzato la sua candidatura. E visto che, come dicono gli inglesi, when it rains, it pours, in questi giorni la candidata verde è al centro di una nuova polemica, che stavolta riguarda il suo nuovo libro, Jetzt.Wie wir unser Land erneuern (“Adesso. Come rinnoviamo il nostro Paese”).
Stephan Weber, ricercatore austriaco che si occupa di media e comunicazione, ha infatti pubblicato un lungo articolo in cui rivela come nel libro di Baerbock ci siano numerosi passaggi presi pari pari da altre fonti, che però non vengono citate. Weber, esperto proprio di casi di plagio, ha controllato il testo tramite un software dedicato, che ha individuato molti punti problematici. Certo si tratta di un libro, non ad esempio di una tesi di dottorato, come invece nel caso dell’ex Ministra della Famiglia Franziska Giffey, ma “non si tratta comunque di una giustificazione”, scrive Weber: “il plagio di un testo è eticamente scorretto”.
Baerbock e i suoi hanno risposto in maniera netta, definendo calunniose le accuse. L’avvocato della candidata verde, Christian Schertz, ha dichiarato che “non vi è alcuna traccia di violazione del copyright, dal momento che i pochi passaggi menzionati non riportano altro che fatti di pubblico dominio e opinioni politiche”. Si tratterebbe dunque di un nuovo, ennesimo tentativo di screditare Baerbock giocando sporco: ed effettivamente in questi mesi è diventato molto evidente come lo scrutinio a cui lei è sottoposta sia davvero particolare, per qualità e profondità. Il che conduce inevitabilmente a una domanda: se Baerbock fosse un uomo, verrebbe attaccata e criticata allo stesso modo?
La risposta è “quasi sicuramente no”. Il fatto che Baerbock sia una donna, perdipiù distante dall’anomalo modello merkeliano in quanto relativamente giovane e madre, ha riportato al centro del dibattito posizioni decisamente retrograde, che spesso si sono sottilmente intrecciate con altri punti di vista critici nei confronti della leader verde. Di frequente chi rimarcava la sua scarsa esperienza in fatto di governo non mancava di aggiungere “e poi ha due figlie piccole, se diventerà Cancelliera chi se ne occuperà?”. La naturalezza della sua risposta (“mio marito”) non deve far dimenticare che difficilmente la questione sarebbe emersa in caso di un candidato uomo.
Sulla faccenda la Frankfurter Rundschau ha pubblicato una interessante intervista a Kristina Lunz, da tempo impegnata nella lotta alla misoginia in politica e co-fondatrice del Center for Feminist Foreign Policy. Con Baerbock si assiste alla ripresa di schemi classici, secondo Lunz: ogni volta che una donna occupa lo spazio della politica e cerca di raggiungere il potere, e di farlo senza rinunciare al proprio essere donna, le sanzioni sociali sono particolarmente severe. Lo si era notato in maniera evidente con gli attacchi a Hillary Clinton durante la campagna elettorale americana del 2016, e si può osservare qualcosa di molto simile all’opera anche oggi, contro Baerbock. Sul suo conto circolano fake news, come ad esempio che voglia vietare gli animali da compagnia, o fotomontaggi erotici e pornografici: tattiche conosciute che si scatenano ogni volta che una donna si avvicina al centro del potere. Particolarmente significativa un’immagine diffusa dalla Initiative Neue Soziale Marktwirtschaft (“Iniziativa nuova economia sociale di mercato”, INSM), un’associazione imprenditoriale, che raffigura Baerbock come Mosé che regge in mano le tavole dei “10 divieti”, capisaldi di “una religione di stato” che però “non ci condurrà verso la terra promessa”.
Naturalmente anche gli altri politici e gli altri candidati (uomini) sono oggetto di odio e falsità, ma la dimensione sessualizzata e sessista è estremamente evidente nel caso di Baerbock, anche quando viene gestita in modo sottile. Un chiaro segnale del disagio ancora molto diffuso nella società quando si tratta di donne e potere. “Più le donne hanno successo, meno vengono apprezzate”, conclude Lunz. Nonostante i 16 anni di governo di Angela Merkel, la situazione in Germania è tutt’altro che rosea - anzi, spesso il lunghissimo regno della Kanzlerin viene usato retoricamente per negare il problema, un evidente caso di tokenism. Uno studio pubblicato lo scorso febbraio dallo Spiegel mostra le dimensioni del problema: il 69% delle deputate del Bundestag, di tutti i partiti (tranne AfD: le alternative non hanno voluto rispondere) ha dichiarato di aver subito episodi di odio misogino, da messaggi ricevuti per posta a veri e propri assalti al proprio ufficio o alla propria abitazione. Secondo il 72% delle intervistate si può notare un atteggiamento misogino anche all’interno del Parlamento Federale: schiamazzi e scarsa attenzione quando interviene una deputata, interruzioni, in generale una minore considerazione - una tendenza in aumento, pare, da quando fra i banchi è arrivata AfD.
È evidente quindi che gli attacchi a cui è sottoposta Baerbock siano di una qualità diversa rispetto a quelli che prendono di mira i suoi concorrenti - tanto che anche da un altro partito, la Linke, arriva solidarietà attraverso le parole di una delle due leader, Susanne Hennig-Wellsow. Tuttavia, molti osservatori restano stupiti del fatto che i Grünen non sembrano essersi preparati abbastanza per questa eventualità, che era largamente prevedibile, e offrono il fianco a facili critiche. Perché non controllare meglio il CV della candidata, sapendo che sarebbe stato sottoposto a uno scrutinio ben più serrato rispetto a quello degli altri? Perché pubblicare proprio ora un libro che offre pochi spunti di contenuto politico, ma permette addirittura di montare un’accusa di plagio, di cui si continua a parlare da giorni? “Sono stati commessi degli errori che non sarebbero dovuti accadere”, ha commentato il politologo Lothar Probst dell’Università di Brema. E un altro punto viene spesso sottolineato: il fatto che la campagna elettorale verde si stia giocando troppo sulla difensiva e poco in attacco. Ci si concentra eccessivamente sulle critiche rivolte a Baerbock, e si dimentica di spingere sui punti deboli degli avversari, che pure esistono e sono decisamente significativi. Il coinvolgimento del candidato socialdemocratico Olaf Scholz sulla delicatissima vicenda Wirecard è potenzialmente esplosivo, molto più di una discutibile accusa di plagio: eppure la faccenda viene sfruttata molto poco, in termini strategici, e nei sondaggi su un’ipotetica elezione diretta del Cancelliere Scholz resta quasi 13 punti percentuali davanti a Baerbock. Lo stesso vale per Armin Laschet: anche nel suo cv figurano membership imprecise e poco chiare, ma questo è il meno. Si sa che il candidato dell’Union ha trattato un appalto pubblico nel suo Land, il Nordreno-Vestfalia, attraverso contatti privati procurati dal figlio, e anche che durante i suoi anni di docenza all’Università Tecnica di Aquisgrana (RWTH Aachen University) ha elargito voti con una certa disinvoltura, persino a studenti assenti agli esami. Eppure i Grünen praticamente non ne parlano, esclusivamente concentrati in difesa come sono.
La situazione naturalmente genera parecchio nervosismo dalle parti dei Verdi, ormai sempre più indietro nei sondaggi e a una distanza dall’Union che pare ormai irrecuperabile, intorno ai 10 punti. È praticamente certo che risulteranno il secondo partito, visto il distacco considerevole che li separa dagli altri, ma rispetto ai sogni di gloria di un paio di mesi fa si tratta comunque di un brusco risveglio.
Con questi numeri l’ipotesi di un governo a guida Baerbock insieme a SPD e Linke, o a SPD e FDP, è impensabile. L’unica opzione sarebbe fare il partner di minoranza in un’alleanza con l’Union, e magari qualcun altro (i liberali?) per avere una maggioranza solida. Il che, ironicamente, metterebbe i Grünen quasi nella stessa situazione di quattro anni fa, quando si discuteva di Jamaika-Koalition insieme a Union e FDP. Certo, stavolta le posizioni dei due partiti minori sarebbero invertite: invece del 9%, i Verdi potrebbero mettere sul tavolo un probabile 20%, mentre i liberali sembrano potersi spingere poco oltre il 10%. Però guadagnare 11 punti per ritrovarsi più o meno allo stesso punto di prima non deve essere una prospettiva facile con cui fare i conti.
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Da leggere questa settimana:
Partendo dall’attacco di Würzburg, Deutsche Welle pubblica un bel reportage sulla situazione del terrorismo di matrice islamica in Germania, una minaccia al momento dormiente ma ancora pericolosa. Ah, e a proposito dei fatti di Würzburg: la Bild am Sonntag ha messo in prima pagina la foto dell’attentatore, che in Germania è già una prassi inusuale, ma poi in questo caso si trattava proprio di un’altra persona. Il giorno dopo il giornale si è scusato, in un trafiletto molto meno prominente rispetto alla prima pagina: ma d’altra parte è la Bild, che vi aspettavate?
Su Kater secondo appuntamento con il confronto fra i programmi dei partiti tedeschi in vista del voto di settembre: questa volta si parla di tasse.
Infine, Politico dedica un lungo profilo a Amy Gutmann, filosofa della politica ed esperta di bioetica appena nominata ambasciatrice USA in Germania - prima donna a ricoprire l’incarico.
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