Da mercoledì 16 dicembre la Germania è passata a un hard lockdown.
Chiusi i negozi tranne i supermercati, gli alimentari, le farmacie e poco altro. In alcune città è stato anche introdotto un coprifuoco notturno, fra le 21 e le 5 di mattina. Limitato a 5 il numero massimo di persone che si possono incontrare in casa fra il 24 e il 26 dicembre, esclusi i bambini sotto i 14 anni. Scuole e asili sono in linea di principio chiusi e le vacanze natalizie anticipate, ma ci sono alcune differenze da Land a Land, come mostra questa infografica realizzata dal magazine Katapult.
La speranza è di riuscire là dove il lockdown light è fallito: ridurre il numero di nuove infezioni e soprattutto quello dei morti. Mercoledì 16 il Robert-Koch-Institut ha comunicato che il numero di vittime per o con il virus nelle 24 ore precedenti ha raggiunto un nuovo record, 952: quasi 400 in più rispetto al valore più alto registrato solo pochi giorni prima. E la curva dei contagi non accenna a diminuire: si rimane quasi ogni giorno sopra i 20.000, con lo sfondamento della soglia dei 30.000 registrato per la prima volta giovedì 17. Anche la situazione negli ospedali si fa sempre più critica: in molte regioni i reparti di terapia intensiva sono al limite. In Sassonia, il Land più colpito al momento, il direttore di una clinica ha dichiarato di essersi trovato già più volte, nei giorni scorsi, a dover scegliere a chi dare l’ossigeno e a chi no. Non si può ancora parlare ufficialmente di triage, ma ci siamo vicini. A Hanau, in Assia, è stato installato un container frigorifero nel cimitero, visto che non c’è più spazio negli obitori.
Il lockdown duro durerà almeno fino al 10 gennaio, ma è molto probabile che verrà prolungato. Secondo Helge Braun, capo dello staff della Cancelleria e stretto collaboratore di Merkel, la situazione resterà difficile anche a febbraio. E per dare coraggio ai tedeschi Frank-Walter Steinmeier si è rivolto alla nazione, il 14 dicembre. “Le prossime settimane saranno una dura prova per tutti noi”, ha detto il Presidente della Repubblica Federale, “la situazione è drammaticamente seria.” Ma ce la faremo: “siamo un Paese forte, perché in questa tremenda crisi tante persone si prendono cura l’una dell’altra.” Bisogna però attenersi alle regole, è l’unica via d’uscita. “Non siamo condannati al virus come a un destino ineluttabile. Dipende da noi.”
Intanto proseguono i preparativi per l’inizio delle vaccinazioni. Merkel, il Ministro della Salute Jens Spahn e la Ministra della Ricerca Anja Karliczek (CDU) hanno incontrato in videoconferenza i fondatori della Biontech, Uğur Şahin e Özlem Türeci, per ringraziarli del loro lavoro e celebrare il vaccino “made in Mainz, made in Germany”, come ha sottolineato Spahn. La data prevista per cominciare è il 27 dicembre: venerdì è stata presentata l’ordinanza che regolerà la somministrazione.
Spahn intende dare la priorità a tre gruppi. Al primo posto le persone sopra gli 80 anni, i ricoverati nelle case di cura e il personale che li accudisce, e medici e infermieri operativi nelle stazioni di terapia intensiva. Poi le persone sopra i 70 anni, quelle affette da demenza e quelle che si trovano nei rifugi per senzatetto e richiedenti asilo. Infine le persone sopra i 60 anni, quelle che soffrono di condizioni mediche particolari, insegnanti ed educatori e chi lavora nel commercio al dettaglio. Lo sforzo logistico sarà comunque enorme: si parla di centinaia di centri di vaccinazione in tutto il Paese, per una spesa di circa 3 miliardi di euro per l’implementazione dei primi 60. Molte strutture al momento inutilizzate, come ad esempio le palestre e i palazzetti dello sport, sono state riconvertite allo scopo. Ci vorrà comunque del tempo: presentando il piano Spahn ha confermato che solo per la prima fascia di priorità serviranno un paio di mesi.
Nonostante le difficoltà la politica va avanti. A circa un mese dal Parteitag digitale che eleggerà il nuovo leader della CDU, i tre candidati si sono incontrati per il primo dibattito dal vivo, nel quartier generale della Konrad-Adenauer-Haus di Berlino. Avevano già avuto un confronto online a fine ottobre, ospiti virtuali della Junge Union - l’organizzazione giovanile del partito - che aveva ufficializzato il suo sostegno a Friedrich Merz. L’anti-Merkel è molto popolare fra i giovani conservatori, quindi il risultato non ha sorpreso nessuno. A colpire però è stata l’affluenza, molto bassa: solo 15.000 voti su un totale di 75.000.
Stavolta invece l’incontro si è svolto di persona, con i tre candidati seduti intorno a un tavolo.
Il dibattito è stato molto tranquillo, senza picchi né tensioni. Più che una lotta, una scaramuccia, come ha titolato la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Giusto qualche moderato disaccordo.
Röttgen ha cercato di presentarsi come innovatore, auspicando un partito più femminile, più giovane e più digitale. Merz ha sottolineato l’importanza di tornare a una vera competizione politica con gli altri partiti, una critica velata a Merkel e al suo centrismo percepito talvolta come privo di una chiara identità. Laschet invece ha insistito sulla sua esperienza amministrativa da Ministerpräsident di un Land importantissimo - non una mossa astuta viste le critiche che gli sono piovute addosso per la sua gestione della pandemia. Ma al netto di alcune differenze, ad esempio sull’utilizzo dei fondi federali messi a disposizione dei Länder, è prevalso un senso di grande armonia e di unità. È comprensibile: in un momento così delicato è fondamentale trasmettere serenità ai propri sostenitori. Questo aspetto è cruciale soprattutto per Merz, che è avanti nei sondaggi ma è anche una figura molto divisiva. Suscita grandi entusiasmi e forti timori: è essenziale per lui riuscire a tranquillizzare gli animi. La speranza degli altri due è speculare, cioè continuare a presentare Merz come un candidato controverso, non unitario. In questo modo uno di loro potrebbe sperare di sconfiggerlo al ballottaggio, sostenuto da un voto di prudenza da parte dei delegati. Chi dei due ancora non è facile dirlo: nonostante fosse partito come un outsider, ora nei sondaggi Röttgen supera Laschet, che continua a pagare la discutibile gestione della crisi.
E non solo: il Ministerpräsident del Nordreno-Vestfalia si trova da qualche giorno al centro di un’altra polemica, stavolta legata a un controverso appalto assegnato dal governo regionale all’azienda tessile van Laack. I contatti con van Laack sarebbero avvenuti attraverso il figlio di Laschet, che lavora come modello per la compagnia. Un ulteriore colpo alle chance di successo di quello che a febbraio sembrava il vincitore annunciato, e ora invece sembra destinato ad arrivare ultimo. Forse non è un caso che il compagno di ticket Jens Spahn, ancora piuttosto apprezzato dai tedeschi per il lavoro svolto come Ministro della Salute, non si faccia quasi più vedere in giro in sua compagnia: chi glielo fa fare di bruciarsi così?
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Come al solito un paio di consigli di lettura prima di salutarci.
Sull’edizione internazionale dello Spiegel, un reportage su come la Germania stia fallendo nell’affrontare la seconda ondata dei contagi.
Su Deutsche Welle, invece, lo strano anniversario, segnato dalla pandemia, dei 250 anni dalla nascita di Beethoven.
Come si preparano le aziende tedesche a un eventuale no-deal su Brexit? Sullo Spectator il caso della BMW.
Infine, su Politico, un bell’editoriale di Luuk van Middelaar sulla “crisi esistenziale” dell’Europa, alle prese con i regimi semidittatoriali di Ungheria e Polonia. Focus particolare sulla Germania: il rispetto dei diritti umani è un aspetto essenziale dell’identità della Repubblica Federale uscita dalla guerra, ma superare la faglia fra l’est e l’ovest del continente - che durante la Guerra Fredda tagliava in due in Paese stesso - è ugualmente “religione di stato”.
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