RESET 2021 - Numero 3: Mi chiamo Scholz, risolvo problemi finanziari
La spettacolare risalita di Olaf Scholz, uomo più potente della SPD e candidato alla Cancelleria per i socialdemocratici
La sera del 7 dicembre 2017 la carriera politica di Olaf Scholz sembrava se non proprio finita, almeno profondamente compromessa.
Olaf Scholz (Foto: Bundesministerium der Finanzen / Photothek / Thomas Koehler)
Il sindaco di Amburgo veniva da una lunga serie di batoste che avrebbero messo alle corde chiunque. Quando a gennaio del 2017 la SPD inizia a quagliare sulla candidatura alla Cancelleria per il voto di settembre, il suo nome circola come papabile, visto che è sempre più evidente lo scarso favore presso i tedeschi di cui gode Sigmar Gabriel - capo del partito e pretendente naturale; i socialdemocratici decidono però di puntare su Martin Schulz, e a lui tocca ingoiare il rospo.
A luglio, poi, nella sua Amburgo si tiene il G20, e la città viene travolta dalle proteste violente e dagli scontri fra polizia e autonomi. Scholz, che alla vigilia aveva tranquillizzato tutti assicurando che l’evento si sarebbe svolto senza incidenti, viene sommerso dalle critiche e trascinato sul banco degli imputati per non aver saputo gestire la crisi, tanto che la CDU locale ne chiede le dimissioni.
Infine, ai primi di dicembre si tiene il congresso della SPD, che reduce da un risultato semidisastroso alle elezioni di settembre deve rinnovare le sue cariche di vertice, e soprattutto decidere se accettare la proposta di continuare la Grosse Koalition che viene da Angela Merkel. La rielezione del leader, Martin Schulz, è scontata, ma qualche sorpresa si verifica quando vengono votati i sei vice: Scholz ce la fa, ma con una percentuale bassissima, solo il 59,2%. Due anni prima aveva preso l’80%. Isolato dentro il partito, in cui rappresenta una delle poche voci critiche nei confronti di Schulz, e poco amato fuori, il sindaco di Amburgo sembra ormai destinato ad una mesta uscita di scena.
Quando l’accordo con la CDU viene formalizzato e si forma il governo, però, si capisce che forse le voci sulla sua fine erano esagerate. Scholz riesce a prendersi l’ambitissimo Ministero delle Finanze, e non solo: sarà anche vice-Cancelliere, in qualche modo il garante della Grosse Koalition da parte socialdemocratica. Come forse ricorderete, tuttavia, le cose non vanno molto lisce per la SPD, in particolare per l’allora leader Martin Schulz: Ministro degli Esteri designato durante le negoziazioni, aveva fatto sapere che avrebbe contestualmente rinunciato alla guida del partito. Il problema però è che riemergono in fretta alcune sue dichiarazioni in cui giurava che non sarebbe mai entrato in un governo a guida Merkel: è quindi costretto in tutta fretta a rinunciare al dicastero. Almeno gli rimane la leadership del partito, no? No: ormai si è bruciato, il passo falso che ha commesso potrebbe mettere a repentaglio l’approvazione finale del contratto di governo - su cui gli iscritti devono comunque esprimersi con un voto, ed è bene non farli indispettire con giravolte e giochetti di palazzo - e dunque ciao, Martin, grazie di tutto ma basta così. Nel giro di quattro giorni, dal 9 al 13 febbraio 2018, Martin Schulz passa da Vorsitzender (letteralmente Presidente, ma da un punto di vista funzionale più o meno quello che da noi è il Segretario) della SPD e Ministro degli Esteri in pectore a niente. Il partito lo erediterà Andrea Nahles, ex Ministro del Lavoro nel precedente governo Merkel e agguerrita capogruppo al Bundestag, con un’elezione formalizzata durante il Parteitag (il congresso) ad aprile. Un rimescolamento notevole, da cui inaspettatamente Scholz emerge come una delle figure cruciali, anche solo per gli importantissimi ruoli di governo che ha saputo ritagliarsi.
Poco più di un anno dopo arriva un altro appuntamento fondamentale: le elezioni europee del maggio 2019. L’anno sarà anche nuovo, ma la vita elettorale della SPD no: anche le Europee si rivelano un dramma, il 15,9% ottenuto rappresenta il peggior risultato mai ottenuto dai socialdemocratici in un’elezione nazionale (escludendo quindi voti locali) dalla fondazione del partito nel 1890 - no, non è un typo: magari per noi italiani sembra impossibile, ma la SPD nella sua forma attuale e con questo nome risale a 130 anni fa, il suo primo nucleo addirittura al 1863. Non solo: in concomitanza con le Europee si vota anche a Brema, città che costituisce Land a sé in cui i socialdemocratici governano ininterrottamente dalla fine della Guerra, spesso anche senza bisogno di alleanze. Brema ha quindi un grande valore simbolico: e per la prima volta la SPD perde, arrivando dietro la CDU. 24,9% contro 26,7%. I socialdemocratici resteranno al governo, grazie a un accordo con Grünen e Linke, ma il colpo - proprio per quel grande valore simbolico - è fortissimo. Talmente forte che Andrea Nahles si dimette e lascia la guida del partito, aprendo una nuova fase congressuale.
Stavolta alla guida andrà uno Spitzenduo, cioè un team di due co-leader, un uomo e una donna - come da anni fanno ad esempio sia i Grünen che la Linke. E fra i candidati c’è anche Scholz, in coppia con la deputata brandeburghese Klara Geywitz.
Il Ministro delle Finanze è largamente favorito, ma anche stavolta le cose non vanno per il verso giusto: la coppia Scholz-Geywitz vince al primo turno, perde però al ballottaggio contro il duo composto da Norbert Walter-Borjans e Saskia Esken, vicini all’ala sinistra del partito. Un nuovo colpo per Scholz, che però come abbiamo visto è ormai un maestro nell’arte di aspettare che passi la tempesta e arrivino tempi migliori: e anche questa volta sarà così.
Il nuovo Spitzenduo porta con sé grandi speranze di rinnovamento per un partito sempre più alla ricerca di un’identità chiara e definita, ma la luna di miele finisce presto: in molti, anche dentro la SPD, sembrano convincersi in fretta che i due non siano in grado di guidare i socialdemocratici in un momento cruciale, complicato giusto un paio di mesi dopo la loro elezione da un ulteriore elemento - l’arrivo del Coronavirus. E proprio durante i momenti più critici della pandemia Scholz mette a segno alcuni decisivi punti a suo favore.
È a lui che va ricondotta la coraggiosa decisione di mettere in soffitta lo schwarze Null, la rigorosa politica di rifiuto totale di creazione di nuovo debito ereditata dal suo predecessore Wolfgang Schäuble e sottoscritta da tutti al momento della formazione del nuovo governo. Date le circostanze straordinarie, il Ministro delle Finanze inaugura una nuova stagione di spesa e un approccio più flessibile, che si concretizza già a fine marzo con un pacchetto di aiuti per 750 miliardi di euro e poi a giugno con un ulteriore Konjunkturpaket per altri 130 miliardi. Misure che gli regalano un boost di popolarità notevolissimo, tanto che in quasi tutti i sondaggi risulta l’esponente del governo più apprezzato insieme al Ministro della Salute Jens Spahn, secondo solo alla Cancelliera.
Il tasso di soddisfazione per il lavoro politico svolto dai membri del governo e altri leader di partito a giugno 2020 (Fonte: statista.de). Scholz è al secondo posto dietro Merkel e davanti a Spahn, ma a distanza siderale dal leader del suo partito, Norbert Walter-Borjans.
Ormai è chiaro che è Scholz il candidato più papabile per guidare la SPD alle elezioni del 2021: e l’investitura formale non tarda ad arrivare. La mattina del 10 agosto viene sciolto ogni dubbio ed è diffusa la comunicazione ufficiale: sarà lui il candidato Cancelliere per i socialdemocratici alle politiche del prossimo anno.
Olaf Scholz in mezzo a Norbert Walter-Borjans e Saskia Esken (Foto: Thomas Trutschel/ Photothek/ Getty Images)
Magari potreste pensare che scegliere il candidato più di un anno prima delle elezioni sia un tantino prematuro: ricordatevi però che l’altra volta, nel 2017, in molti individuarono nel ritardo con cui si ufficializzò la nomina di Martin Schulz (a fine gennaio) uno dei motivi del tracollo della SPD al voto di settembre. Stavolta quindi si è giocato d’anticipo. E poi forse c’è anche un altro motivo: blindare l’uomo più popolare del partito nel momento in cui il suo nome inizia a comparire con sempre maggior insistenza in una faccenda delicatissima, quella relativa a Wirecard.
Verso fine giugno scoppia in Germania uno scandalo finanziario legato alla società per pagamenti online Wirecard: viene scoperto un ammanco di quasi due miliardi di euro, e soprattutto emergono loschissimi intrecci fra la dirigenza della società e le autorità pubbliche di vigilanza finanziaria, il BaFin (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufischt). Il BaFin, che dipende dal Ministero delle Finanze, ha sempre avuto un atteggiamento molto “protettivo” nei confronti di Wirecard, una delle poche realtà di successo nel mondo dell’high-tech tedesco che certo da molti punti di vista non brilla; addirittura nell’aprile del 2019 il BaFin denunciò due giornalisti del Financial Times che avevano iniziato ad indagare su presunte irregolarità contabili e manipolazioni dei bilanci. Ma è Bloomberg a sganciare la bomba, a metà luglio: secondo un report, Olaf Scholz sapeva già da un anno e mezzo dei potenziali rischi di manipolazione, ma non ha fatto nulla per intervenire. Interrogato per ben quattro ore dalla Commissione finanza del Bundestag a fine luglio, Scholz ha riconosciuto la necessità di introdurre procedure di controllo più stringenti, ma secondo molti non ha fornito risposte chiare ed esaustive: soprattutto, sua è la responsabilità politica della faccenda, in quanto Commander in Chief del BaFin. Chiudere in fretta sulla sua nomina a candidato Cancelliere potrebbe quindi anche significare tirarlo via dal centro di una situazione molto complicata e spostare l’attenzione al voto dell’anno prossimo; certo la questione rimane e tornerà fuori, ma per il momento si riducono le possibili conseguenze nefaste, soprattutto per quanto riguarda il dibattito interno nel partito - in qualche modo “costretto” ad allinearsi alla decisione in nome dell’unità in vista delle elezioni.
Non va poi dimenticato quanto la pandemia faccia passare più o meno tutto il resto in secondo piano: anche in Germania la situazione è estremamente seria, e proprio in questi giorni si registrano quasi ogni giorno nuovi record di contagi, tanto che è stato deciso un lockdown per tutto il mese di novembre. E fra le misure prese figurano ulteriori aiuti economici e finanziari per le imprese, che di nuovo portano la firma di Scholz e del Ministro dell’Economia Peter Altmaier (CDU): ad esempio le aziende costrette a chiudere potranno trattenere parte del fatturato registrato a novembre 2019, il 75% in caso di aziende con massimo 50 dipendenti, fino al 58% per quelle invece più grandi - con un tetto massimo di 3 milioni di euro. Ci sono però ancora discussioni sui dettagli, in particolare sui termini di riferimento e sulle modalità di calcolo. Nel complesso si parla di un pacchetto da 10 miliardi di euro. Misure necessarie soprattutto per i settori che verranno più colpiti da questa seconda ondata di chiusure, come quello della ristorazione. In tutto questo, c’è però un barlume di speranza: nel terzo semestre dell’anno l’economia tedesca è tornata a crescere, +8,2% rispetto al trimestre precedente. Certo, probabilmente c’entrano gli aiuti erogati fra marzo e giugno, ed il confronto è con i mesi più tragici dal punto di vista economico, ma è pur sempre qualcosa. Rispetto al quarto trimestre del 2019, l’ultimo pre-crisi, il calo però è del 4,2%.
Chissà se la grande popolarità di Scholz e la leggera ripresa dell’economia (che però dovrà sopravvivere a un altro mese di lockdown) aiuteranno la SPD in vista del voto del 2021: finora sembra di no, visto che gli ultimi sondaggi danno i socialdemocratici fra il 14,5% e il 17%, valori comunque molto bassi e a distanza siderale dall’Union, salda in cima al 35%. Ah, a proposito di Union, e soprattutto di CDU: non è che le cose vadano benissimo, da quelle parti. A causa dell’impennata di contagi il congresso previsto per il 4 dicembre, quello che doveva eleggere il nuovo leader, è stato rimandato: non se parla prima dell’anno nuovo. La cosa ha fatto arrabbiare soprattutto Friedrich Merz, convinto che il rinvio sia stato deciso per danneggiarlo da “rilevanti pezzi dell’establishment del partito” che temono una sua vittoria.
Ma il congresso della CDU non è stato l’unica vittima della zweite Welle, la seconda ondata di contagi: anche quello della Linke, previsto per il 27 ottobre e in cui si sarebbe dovuta eleggere una nuova leadership, è stato rinviato. Ma ne parliamo meglio la prossima volta.
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Prima di lasciarci, tre consigli di lettura, tutti e tre provenienti da Deutsche Welle, un sito che vi consiglio caldamente di seguire. Non c’entrano con Scholz e la SPD, ma valgono davvero la pena.
Forse avrete sentito parlare, nelle scorse settimane, di un esperimento realizzato da un gruppo di studio a Lipsia, teso a individuare le condizioni migliori per consentire la presenza di pubblico ai concerti nonostante le restrizioni: i ricercatori hanno pubblicato i risultati, e beh, diciamo che si può fare, ma scordatevi i giorni in cui pogavate spensierati.
Il secondo articolo riguarda invece Chemnitz, la città della Sassonia teatro negli anni scorsi di violentissimi scontri e inquietanti episodi di attacchi razzisti: Chemnitz sarà la Capitale Europea della Cultura per la Germania nel 2025.
Infine, una bellissima galleria fotografica che racconta la tormentata storia del calcio femminile in Germania, che non è sempre stata la potenza che è oggi: pensate addirittura che fino al 31 ottobre del 1970 in Germania Ovest il calcio femminile era bandito.
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